Era qualche giorno prima del mio compleanno del 2004. Conobbi una ragazza giapponese che era venuta a Buenos Aires per studiare tango. Un mio ex-compagno d'università mi chiese di contattarla visto che era da sola in Sud America. La chiamai per telefono e decidemmo di incontrarci a metà strada tra casa sua e la mia, ovvero in via Pacheco de Melo. Scelsi un ristorante italiano che si trovava all'incrocio con Callao. Ranko aveva un aspetto giovanile e mi dava l’impressione che fosse una persona molto sensibile. In principio aveva intenzione di andare a New York ma cambiò destinazione. Infatti il miglior luogo dove imparare tango deve essere Buenos Aires. Mi disse che dopo aver terminato l'università aveva lavorato per una società però avrebbe voluto pensare ancora una volta che cosa volesse fare realmente nella vita approfittando di una lunga vacanza a Buenos Aires. Ciò che voleva fare le era già abbastanza chiaro, però non era ancora sicura se fosse riuscita a lasciare tutto per quello. La sua titubanza la fece venire in questa città per trovare la risposta definitiva. Ranko voleva restare sei mesi a Buenos Aires e mi disse che per tornare in Giappone sarebbe passata dall'Italia.
"A Milano ho un unico amico che è fotografo."
"Un fotografo?"
"Si chiama Niki."
"Davvero?"
Fu una rarissima casualità. Dopo l'incontro impressionante ci trovammo subito d'accordo e Ranko mi invitò ad uno spettacolo di tango per il mio compleanno.
La notte precedente andammo in un locale di tango di San Telmo "El Viejo Almacén", che aveva una buona reputazione; servivano una cena in un ristorante situato accanto al teatro poi ci portarono a vedere lo show. A San Telmo si suonava la musica di "los porteños", ovvero gli abitanti di Buenos Aires. Il suono sentimentale del bandoneon rendeva ancora di più melancolica e nostalgica la musica del tango e mi faceva pensare alla tristezza degli immigranti dell'epoca. Lo spettacolo terminò dieci minuti prima di mezzanotte. Aspettammo dieci minuti per brindare al mio compleanno. Dopodiché ci dirigemmo verso un altro locale "La Cumparsita" che si trovava a due passi dal Viejo Almacén. Ranko ballava il tango mentre io ero rimasta affascinata dal suono del bandoneon. Così cominciò il lungo giorno del mio compleanno.
La mattina ricevetti numerose telefonate e email da amici di tutto il mondo, tra cui una comunicazione che attirava particolarmente la mia attenzione. Era di Niki.
“Stasera si potranno vedere contemporaneamente due fenomeni astronomici spettacolari; un'eclisse lunare e la concordanza armonica, cioè cinque pianeti disposti a forma di pentagono regolare!"
Se fossi stata in Giappone o in Italia non avrei potuto sperimentare entrambi gli avvenimenti nel mio compleanno. L'informazione di Niki mi riempì di entusiasmo.
Nel pomeriggio Nora mi invitò a fare una passeggiata a Tigre. Con il "Tren de la Costa" attraversammo le campagne che non conoscevo ancora. Il treno si allontanava pian piano dalla confusione della città e si introduceva nel paesaggio tranquillo e sereno. Dalla stazione camminammo verso il mercato di frutta e verdura e quello dei fiori. Poi entrammo nell'edificio dove si trovavano i negozi degli articoli artigianali e mi comprai un vaso per mettere il mazzo di rose che avevo ricevuto come regalo quella stessa mattina. Al di là del mercato c'erano delle terrazze una accanto all'altra sulla riva del fiume. Decidemmo di prendere un té in una più vicino all'acqua, che era totalmente torbida di fango e che arrivava quasi all'altezza della terra. La velocità e la quantità dell'acqua che correva proprio lì vicino sembrava uno smottamento del terreno e mi trasmetteva un'energia enorme e spaventosa. Uno dietro l'altro circolavano, in modo funambolesco, vecchi battelli pericolanti i quali, però, riuscivano in qualche modo a rimanere sempre a galla. La loro instabilità rispecchiava la vita in questo paese.
Ritornando a Buenos Aires decidemmo di andare al cinema. Nora mi suggeriva già da qualche tempo un film: "Before Sunset". Non capivo perché insistesse così tanto perché lo vedessi senza spiegarmi il motivo. Pensavo che si trattasse d'una storia d'amore e non avevo molte aspettative. Invece man mano che trascorreva la storia cominciai a rendermi conto di qualcosa di curioso. Il film era semplicemente costruito sul dialogo tra due persone in una passeggiata pomeridiana per Parigi. Il problema consisteva nel dialogo. Una dietro l'altra apparivano le parole che coincidevano con la mia propria realtà di quel momento. Non era tanto importante la trama quanto la sceneggiatura ma la sincronizzazione dei termini era costante. Presa da stupore per un momento non riuscii ad alzarmi al termine del film. La stessa cosa mi era già successa con il libro "Fiume Profondo" quando ero in Italia però l'impressione che mi dava il film era più reale e forte. Uscimmo dal cinema e andammo a mangiare una pizza prima che iniziasse l'eclisse lunare. Da lì telefonai a Ranko perché ci raggiungesse. Prima delle dieci ci dirigemmo verso l'appartamento di Nora che si trovava a due passi dalla pizzeria e che dava su Piazza Vicente Lopez. Dal suo balcone al settimo piano non si poteva distinguere bene la piazza a causa degli alberi. Ci sedemmo sullo sdraio ed aspettammo che incominciasse lo spettacolo che doveva durare un'ora e mezza. L’aria era limpida senza una sola nuvola nel firmamento notturno. Il fulgore delle stelle mi fece ricordare la musica della chitarra di quel concerto a Recoleta. La condizione per lo spettacolo era perfetta. Dopo poco tempo il colore della luna cominciò a cambiare: da bianco a grigiastro fino al color rosa pallido e prendeva sempre più profondità. Quando infine divenne come il colore della pietra di rodocrosita, iniziò l'eclisse. Cercai di imprimere nella mente tutti i particolari dal principio alla fine.
Nel frattempo pensai alla pietra che mi diede Angela che era formata da due pietre della stessa forma incollate una con l'altra e parzialmente rotta. Angela mi chiese di comprarne una nuova. Ovviamente non aveva trovato nessun'altra soluzione però mi sembrava fosse troppo facile per pagare il sacrificio che le aveva fatto la pietra: le salvò il dito quando stava rischiando di chiuderselo nella porta dell'auto. La luna dignitosamente permetteva il passaggio dell'oscurità sapendo che non potesse esistere un'eclisse senza rinascita. Anche la pietra mi voleva trasmettere un messaggio: "riparazione". Quando apparve la nuova luna di color chiaro provai a disegnare con la mente cinque pianeti a forma di pentagono regolare: scenografia con meccanismo di alta precisione.
Una settimana dopo il mio compleanno portai la rodocrosite di Angela ad una gioielleria che si trovava in Via Quintana. Volevo farne un pendente però non avevo ancora un’idea precisa della forma. Chiesi qualche suggerimento alla commessa. Mi diede una matita e un foglio di carta dicendo di provare a disegnare. Disegnai qualsiasi cosa che mi veniva in mente e ne venne fuori una croce.
“Sarebbe una forma perfetta per salvare una pietra fratturata!”
Disse la commessa. Decisi di montare la pietra su una croce d'argento fissandola al centro con un cordino d'argento. Dopo due settimane ricevetti una chiamata dal negozio e ottenni la croce. Mi piaceva andare in giro con quel pendente. Chissà se Soledad si sentisse allegra e contenta quando uscivo con la croce. Stranamente quando portavo la croce i miei piccoli desideri si realizzavano uno dietro l'altro.