In qualsiasi parte esiste una porta dell’eternità.
Anche se la vedi ogni giorno, non tutti se ne accorgono.
Però una volta si rende conto della sua presenza.
Qualcosa di importante appare.
Al di là di questa porta,
Si riflette il tempo che hai vissuto fin’ora,
Si riflette la tua esistenza scesa dal cielo,
Facendo orecchi da mercante ai nostri gridi,
Freddo e in silenzio, trascorre il tempo eterno.
Guarda al di là della porta dell’eternità.
Saprai che questo istante non è pura casualità.
Guarda al di là della porta dell’eternità.
Tutto ha cominciato dall’amor.
Guarda al di là della porta dell’eternità.
Comprenderai che la stessa sta nel tuo cuore.
Che è successo realmente nel cortile poco tempo fa? Sentivo dentro di me un flusso controcorrente causato da un fulmine. Chissà se veramente si è fermato il tempo in quel momento nel patio? Stavo osservando anche il futuro nello stesso modo in cui stavo vedendo l’epoca di Leopardi? Quando vidi un treno nel cielo stellato, con l'aiuto del maestro provai a prenderlo. No, forse stavo già nel treno! Incontrare il maestro era qualcosa di inevitabile? Chissà se è già prefissato eternamente anche il destino di un incontro come quelle stelle che stanno mantenendo la distanza fissa nel firmamento?
Da quel giorno di neve, la lezione di pianoforte del giovedì diventò qualcosa di molto speciale per me. Il mondo della musica cominciò a cambiarmi piano piano. Stavo per rinascere di nuovo annaffiata dalla musica. Chissà, può darsi che sono appena nata. Tutta la mia vita fin’ora poteva essere la preparazione per condurmi fino al punto d’incontro del tempo e spazio calcolato in anticipo dal destino. Indipendentemente dalla mia volontà, varie volte sentivo spingermi per le spalle. Forse anche questa spinta mi stava conducendo sempre a quel punto. Una vita cercava di nascere dentro di me. La chiamai “Soledad”. La sua esistenza cominciò a librarsi silenziosamente intorno a me ed aspettava il giorno in cui sarebbe stata avvolta dall’aria soffice e calda.
Una notte andai a vedere il mare mentre nevicava. Al di là del cielo oscuro ci sarebbe potuto essere un angelo a manovrare la scenografia. Osservando i fiocchi di neve cadere chissà da dove, pensai alla rassomiglianza con la nostra vita. La neve che continua a cadere in silenzio siamo noi: una volta iniziata la descesa bisogna accettarla, come la nostra vita, finché l’esistenza non si concluda totalmente. Quando tocchiamo il mare nero come inchiostro riceviamo con gioia il momento di rinascere o morire, non saprei definire quale dei due. La vita passiva e senza resistenza della neve mi ricorda la fragilità umana. Se dovessi vivere anch’io silenziosamente come quella neve come farei per non far scomparire Soledad fugacemente?
La mattina di Natale, qualche giorno dopo quella nevicata, ascoltavo il Sonetto di Petrarca 104 di Liszt registrato dal mio maestro. D’improvviso mi apparve un’immagine alla mente che subito sparì. Durò solo un attimo e mi colpì essendo talmente impressionante e nitida da non potersi dimenticare. Nell’oscurità del deserto si vedeva vagamente la luna piena; al di sotto della quale c’era il corpo storto di una donna nuda in piedi. Aveva le due braccia alzate verso il cielo, la testa abbassata, senza espressione. Il suo corpo era pieno di dolore. Le polveri brillanti come diamanti cadevano dall’altra parte della luna e scintillavano da tutte le parti. Il corpo nudo era immobile come una statua di ghiaccio però il dolore che provava nel suo cuore bruciava come una fiamma. Non potevo cancellare neanche un minimo dettaglio dell’immagine che mi perseguitava indelebile nella mia mente. Questa donna non poteva essere me? Cominciai a perdere l’equilibrio in quel mondo materiale e spirituale allo stesso tempo nel quale mi trovavo e dove andavo cercando qualcosa nell’oscurità. Credevo che tutto si sarebbe illuminato piano piano con l’aiuto della musica. Volevo sapere quanto prima che cosa si sarebbe potuto arrivare a vedere in quel luogo. Supponevo che proprio quel luogo fosse il più importante della mia vita.
Avrei voluto trasformarmi nella musica che fluiva dalle dita del maestro. Avrei voluto essere i suoni che nascevano e sparivano senza interruzione dalla tastiera. Ogni volata che le punte delle dita toccavano sentivo il calore sulla mia pelle. Le lezioni erano condotte rigorosamente e qualsiasi distrazione poteva distruggere l’atmosfera. Mi immersi completamente nel mondo della musica così da sentirmi più vicino a Soledad. La mia piccola esistenza avvolta nella musica cominciò ad emmettere una luce tenue nelle vibrazioni. Il suo respiro fioco mi faceva ricordare un uccellino tremante, passivo davanti alla sua vita. Pensai che non avrei potuto vivere ignorando la presenza di questa piccola vita con una nuova speranza. Non dovevo assolutamente lasciarla morire. Il tempo in realtà trascorreva naturalmente però il fatto di vivere in questa realtà mi faceva sentire piano piano estranea. Volevo sapere cosa fosse realmente questa sensazione però non avevo l’intenzione di seguire un semplice suggerimento né dipendere da una ragione plausibile. Non dovevo fare nient’ altro che osservarla, senza intervenire, scindersi e crescere con la musica nel mio nucleo interiore.
Andavo spesso al belvedere della scogliera di Monte Conero dalla quale si poteva vedere in lontananza la spiaggia di San Michele, la più bella di Sirolo. Poché si trovava sul sentiero di montagna dietro il cimitero, di solito lo frequentavano poche persone. Da lì guardavo il colore della superficie che generava lentamente il dialogo tra l’acqua e la luce che penetrava nel mare. Una volta durante le lezioni parlammo della luce.
“Quando suoni il pianoforte, prova a immaginare che il tuo corpo sia un cristallo. Quando un raggio di luce lo attraverserà, sicuramente il timbro cambierà.”
“Interessante, lo proverò!”
“Ho provato anch’io ad immaginare qualcosa del genere! E’ strano dire così, però allora mi sentivo di essere più forte.”
La melodia dell’Intermezzo Op.117 di Brahms riesce a trasmettere una bellezza eterna che è difficile da incontrare sulla terra. Il mio maestro stava cercando la stessa cosa ed io vagando nell’oscurità appoggiandomi completamente al suono della sua musica. Il desiderio di arrivare a qualcosa di irraggiungibile provocava nella mia parte vuota una specie di turbine e generava sofferenza. Soledad aspettava di nascosto che il sole morisse e la natura si addormentasse. Si svegliava solo quando arrivava la notte. Respirava in segreto da qualche parte lontano dalla realtà per non rompere mai l’atmosfera presente. Nella notte nera e ferma, quando cominciava a sentire “il notturno” tra i respiri degli uccelli, Soledad si muoveva nel tempo e nello spazio liberandosi dal sonno lungo e profondo. Stavo vivendo insieme a lei nella perplessità e qualche volta pensavo che sarebbe stato meglio se avessi potuto svelare tutto tramite il vento.
A metà marzo i raggi del sole iniziavano a scaldare la terra. In quel periodo la luce era già intensa ed abbagliante così mi sentivo alleggerita e disorientata allo stesso tempo, perché mi pareva che tutto diventasse chiaro con quella luce. Un giorno con il mio maestro e mio cugino andai a Pesaro per ascoltare il recitale di Zimerman, un pianista polacco. In programma c’erano brani di Brahms e Chopin. Quando terminò l’interpretazione della sonata di Brahms, cominciai a raccontare a mio cugino le mie impressioni a proposito.
“La musica di Brahms mi fa ricordare le gocce che cadono dal bordo di un disco grande di marmo coperto da tant’acqua...”
Le parole mi uscivano dalla bocca inconsapevolmente. Ricordavo unicamente il mio entusiasmo nel parlare.
Due mesi dopo il concerto andai a Pesaro di nuovo per far visita a mio cugino. Facemmo una passeggiata lungomare e mi fece vedere una scultura. Attraversando le stradine pavimentate di pietra uscimmo su una piazza circondata da case in stile inglese. Lì apparve una fontana grande che aveva la stessa forma di quella che mi venne in mente dopo aver ascoltato Brahms. Una grande quantità d’acqua bagnava il disco di marmo e dal bordo cadevano lentamente le gocce.
Per me Soledad era un intermediario fra il mondo dell’inconscio ed io. Però quando dimostrava le sue intenzioni forte e precise, mi sembrava che fosse un’altra persona completamente indipendente da me. Affidandosi alla musica si lasciava portare lontano chissà dove. In realtà sentivo di essere me stessa solo quando ascoltavo la musica. Era come una sensazione di regressione; stavo cercando la mia identità ricordando minuziosamente la musica nella mia memoria. Scoprire il suono del passato dentro di me era come se fosse sentire il primo vagito.