28 novembre 2010

Angelo del 13 - V

    Era l'inizio del mese quando andai a Milano per i preparativi dell'esposizione. Alla stazione di Ancona presi l'Eurostar proveniente da Bari sul quale non c’erano più posti liberi quindi sono dovuta stare in piedi per quattro ore. Ma non mi andava di aspettare il treno successivo che sarebbe arrivato dopo sei ore. Cercai un posto per passare il tempo tranquillamente e trovai uno spazio davanti al portabagagli vicino alle porte. Tirai fuori dalla borsa quell'album delle foto di balene e lo sfogliavo ascoltando musica. Poco dopo arrivò un ragazzo giovane e biondo che si mise accanto a me e anche lui cominciò ad ascoltare musica. Il suo sguardo non era fisso su di un punto definito ma mi sembrava che stesse osservando qualche luogo più distante senza mettere a fuoco. Mi sembrava di aver già visto uno sguardo simile. All'improvviso mi chiese che musica stessi ascoltando. Stavamo entrambi ascoltando la stessa opera. Così in maniera naturale iniziai a conversare con questo ragazzo. Adorava il teatro e mi disse che avrebbe voluto studiare seriamente arte drammatica in una scuola di Roma. Mi disse anche che aveva un’ amica a Sirolo, anche lei appassionata di teatro. Non mi sarei mai potuta immaginare di incontrare un amico di Diletta su un treno strapieno. Era incredibile. Fin da quel momento cominciò a parlarmi di alcuni suoi episodi strani che gli accadevano ogni tanto. Gli oggetti intorno a lui si muovevano e cadevano come se fossero mosse da dei Poltergeist. Però mi spiegò che credeva che tutto questo avesse un'origine naturale. Anche Niki aveva avuto esperienze analoghe e una delle più incredibili era successa su un treno da Bari.Per diversi anni Niki soffriva di un dolore acuto alla gamba destra del quale non se ne conosceva la causa. Quando è arrivato dalla Grecia in Italia per la prima volta con un traghetto, appena sceso a Bari gli scomparve completamente il dolore e non gli è più ritornato. Sull'Eurostar che correva lungo la costa adriatica pensai a San Nicola di Bari, il patrono di Sirolo e protettore dei marinai. Il ragazzo che poco prima avevo conosciuto scese a Bologna raccomandadomi di salutare Diletta.
    Arrivai alla stazione di Milano e presi la metropolitana fino alla stazione di Montenapoleone. Attraversai via Manzoni e camminai verso il negozio di Angelo. Le vetrine erano già decorate per il Natale. Durante questo periodo la gente corre quà e là come se pensassero solo ai regali. Il negozio di Angelo si trovava al numero 25 in fondo ad un bellissimo corridoio che, attraversando ciò che resta della chiesa dell’ XI° secolo dedicata a San Donnino, collega via Montenapoleone con via Bigli. Quando arrivai in fondo al corridoio, da fuori vidi Adele e Niki che stavano guardando un album di foto aperto su un pianoforte a mezzacoda. Guardavano la foto della statua della Madonna della chiesa di Gerusalemme davanti alla quale Niki era scoppiato a piangere. Adele cominciò a raccontarci piano piano.
    "Oggi sarei dovuta andare a Gerusalemme con i membri della fondazione "San Francesco d'Assisi". Però d’improvvio mi hanno cancellato il viaggio. Se fossi partita oggi, in questo momento sarei stata proprio davanti a questa statua. Oggi mi sono trovata a Milano per un altro motivo. Se non mi avessi chiamato per incontrarci da Angelo, non avrei potuto vedere questa immagine. E’ stata una vera sorpresa!”
    Così Niki le regalò quella foto come ricordo.
    All'inaugurazione dell'esposizione vennero tante persone: colleghi, artisti, amici di Niki, giornalisti, persone del mondo della moda ecc. Organizzammo anche un piccolo concerto di pianoforte. Così la prima vernissage del negozio di Angelo finì con un successo. Durante il periodo dell'esposizione venne una persona da Pesaro e ordinò quella fotografia della Maddonina. Fu una cosa molto curiosa ma questa persona viveva a 100 metri dalla casa di mio cugino di Pesaro. Mi fece ricordare quella fontana di marmo che stava in piazza sul lungomare. Mi sembrava che tutti gli incontri con delle persone fossero collegati l'un l'altro con un filo come il cerchio di quella fontana piena d'acqua. I miei nuovi incontri mi arricchivano interiormente. Mi ricordai quello che mi disse il channeler.
    “Non devi fare niente. Ciò che è intorno a te ti guiderà.”
     Avrei dovuto solo aspettare che le cose mi fossero accadute naturalmente. In quel periodo cominciai a sentire chiaramente l'esistenza di un altro tempo dentro di me. Era un tempo parallelo a quello reale. Il mio orologio interno si mise a marciare di nuovo per caso da quel giorno della nevicata. Il meccanismo che era stato fermo per tanto tempo cominciò a funzionare sintonizzandosi con il suono. Però ero consapevole che si trattava dell'orologio dell'inconscio.

25 novembre 2010

Angelo del 13 - IV

    Ritornai a Sirolo e vidi la pagina web di Niki. Attirò la mia attenzione una fotografia della "Madonnina" del Duomo di Milano di cui mi parlava quella notte. Secondo lui qualcuno o qualche forza gli fece prendere quella fotografia e non era la sua intenzione farla proprio in quell'ora e in quel posto. Mi sembrava una pittura sacra buddista e gli feci sapere la mia opinione.
    "La religione cattolica ed il buddismo si stanno incrociando in alto."
    Dopo l’incontro con Niki sentii la necessità di rileggere il libro “Fiume Profondo”. Leggendolo scoprii tante cose strane. L'unica data che appariva nel libro era la stessa in cui incontrai con Niki a Milano.La protagonista Mitsuko era una studentessa del dipartimento di letteratura francese e, come me, studiava François Mauriac alla stessa università e le piaceva Camus. In più, entrambi, tenevamo un rapporto con un'associazione volontaria. Avrei dovuto rendermi conto necessariamente che una parte della mia realtà sarebbe stata sostituita da quella del libro. Nel libro si trattava della fede. Forse avrei dovtuto riesaminare che cosa fosse in realtà una credenza per me. Questo impulso mi guidava e mi imprimiva senz’altro il desiderio di vivere e non mi permetteva di ritornare indietro. Però mi fermai qualche volta per dare una mano a me stessa che era rimasta indietro. Se questo cammino fosse la verità, non si accenderebbe la sua luce da sola? Me lo domandavo sempre. Tanto tempo fa, mi aveva detto categoricamente un mio amico italiano;
    “Forse Dio non esiste però mi lascia vivere appoggiato sulla sua credenza.”
    A una persona come me che non aveva capito ancora il vero significato della credenza, le sue parole trasmissero chiaramente che voleva dire la volontà di vivere. Se Dio fosse l’acqua del grande oceano non cambia niente anche se proviamo a spingerla con le dita. “Perché noi proviamo comunque a spingere questo grande oceano sapendo che è inutile? Non è che sia un regalo da Dio questa inutilità per sapere che cosa vuol dire la vita?” In questa realtà avevo sempre la sensazione di solitudine come se non appartenessi a nessuna cosa o nessun posto. Era una sensazione di rimanere da sola nello spazio senza compagnia. Forse per questo potrei chiamare amico anche un chicco di grano. Arrivai fino lì a malapena senza perdermi però non sapevo che cosa fosse stato realmente il sostegno per me. Unicamente potevo lasciarmi andare dove mi portava il cuore. Mano mano che il raggio del sole penetrava nella profondità di Soledad si trasformava senza dubbio. Soledad aveva la volontà. Tutto mi condusse a pensare che era così.
    In quel periodo succedevano spesso tante cose strane intorno a me. Andai a parlarne con una mia amica che gestiva un centro di yoga e che avrebbe potuto essermi d'aiuto per chiarire il perché di tutto questo. Il centro si trovava in mezzo ad un campo nella periferia di Recanati. Presi la macchina e mi diressi a sud guidando lungo una lunga strada fino al centro. La mia amica mi stava aspettando davanti alla porta per accompagnarmi nella sala. Mi tolsi le scarpe per passare sul pavimento di parquet. Ci sedemmo a gambe incrociate faccia a faccia. Questa mia amica voleva provare un channeling che sarebbe stata per me una nuova esperienza. Accanto a lei c'era un registratore già pronto per incidere la sua voce. Quando entrò in meditazione si cominciò a sentire la voce del channeler che iniziò a parlare lentamente a bassa voce. 
    "Tu sei la reincarnazione di una donna che visse qui nel 17° o 18° secolo. Questo spirito antico ti chiamò e ti fece venire qui. Questa donna aveva un'energia forte, amava e aiutava tante persone. Un'energia pura come la tua è necessaria su questa terra. Le tante esperienze strane che stanno accadendo intorno a te ti serviranno per svegliarti dal sogno in cui ti trovi e far uscire la tua luce interiore. Non devi fare niente. Ciò che è intorno a te ti guiderà."
    Non credevo a tutto quello che mi aveva raccontato il channeler però nessuno avrebbe potuto nemmeno negarlo. Niki mi raccontò che aveva sperimentato parecchie volte il channeling a New York mentre praticava lo yoga. Secondo lui il corpo era semplicemente un mezzo di contatto con il 'presente'. Se era così volevo soltanto ringraziare il destino per avermi dato l'opportunità di vivere il mio corpo in questa bella realtà e la forza che mi serviva come appoggio. Era come se fossi una particella dello spazio estremamente piccola però immancabile per l'armonia dell'universo.
    Il giorno seguente ricevetti una chiamata da Niki. 
    “Ho trovato la figura di cui parlavi nella fotografia della Madonnina. Era difficile trovarla sulla pagina web però osservando l'originale si nota. Dietro la croce alzata dalla Madonnina c'è la luna piena!" 
    L'esposizione delle fotografie di Niki si svolse durante tutto il mese di dicembre. Preparammo gli inviti con la foto della Madonnina e li mandammo agli amici aggiungendo gli auguri per il Natale. Ne mandai uno a quel fotografo delle balene di Okinawa che mi rispose così:
    "All'università organizzeranno una conferenza sull'ambiente e sono stato scelto come relatore. Parlerò dei problemi della scogliera corallina di Okinawa.”
    Provai a immaginare le balene viaggiare nell'oceano percorrendo una lunga distanza. Nell’oscurità sentivo solo il suono della respirazione e del battito del cuore. Vivevano nel silenzio assoluto. Mi fece pensare che il nostro mondo invece era pieno di rumori inutili che ci impediscono di ascoltare la voce della natura. Avrei voluto incontrare le balene per sentire il loro canto sott'acqua. Uscivo sempre con l’album delle loro fotografie come una portafortuna.
   

22 novembre 2010

Angelo del 13 - III

    Subito dopo ricevetti un’altra chiamata dal mio maestro. Non potevo credere quando mi disse che era confermato il suo concerto in Giappone perché era stato molto difficile per un pianista straniero farsi invitare a suonare in Giappone. Mi sorpresi ancora di più quando mi disse che avrebbe suonato in un posto vicino alla mia città natale. Chiesi a mia madre di andare a sentirlo ad ogni costo. Il recitale fu alle 7 di sera del 7 luglio, il giorno di Tanabata(*) e pensai di ascoltare il suo disco proprio quando stava suonando al concerto.Quando ascoltai il Sonetto di Petrarca 104 di Liszt, sentii un'oppressione al petto e di colpo mi apparve un'altra volta un'immagine nella mente.Era la stessa donna in piedi in quel deserto però non proprio uguale; era avvolta in una tunica bianca e aveva le ali bianche alle spalle. Stendeva la mano ad un angelo grande che scendeva dal cielo per salvarla. Lì non si vedeva più la luna. Mai vidi una  scena così bella ed ero molto commossa fino alle lacrime. Chissà se si trattava di un messaggio dal maestro attraverso la via lattea. Ero convinta che la musica sarebbe stato un vero aiuto per liberarmi da qualunque pensiero.
(*) La leggenda popolare dice che le due stelle si incontrano sulla via lattea il 7 luglio di ogni anno.
    Mi domandavo perché ogni volta che ascoltavo il Sonetto di Petrarca di Liszt mi appariva quell'immagine. Liszt si era ispirato a questa poesia di Petrarca e la trasformò in un tono di colore nitido. La poesia rinacque con il o e si introdusse in me. Non conoscevo me stessa da tanto tempo però fu la musica a scoprire la mia struttura psicologica più profonda. Potrebbe essere un flash osuon un altro evento improvviso a rivelare i segreti di una persona e per me fu la musica.
    In autunno incomincia a far freddo a Sirolo. Percepire il cambiamento di stagione attraverso la natura che mi circondava era di un lusso straordinario. L'edera rossa copriva completamente la terrazza e anche le montagne si stavano ingiallendo pian piano. In quel periodo si sentiva la stanchezza estiva delle persone ovunque nel paesino, però il mare ritornava al suo profondo color indaco. I raggi del sole si riflettevano sulla sua superficie e le onde brillavano splendidamente. Il mare in quella stagione aveva il luccichio dello zaffiro. Guardando quel mare di Sirolo, ricordai un libro di fotografie che vidi a Tokyo quella stessa estate.
    Durante il mio soggiorno a Tokyo alcuni amici dell'università organizzarono un incontro dopo un lungo tempo. Un compagno scelse un ristorante che si chiamava Chez Pierre e che si trovava molto vicino all'ufficio dove lavorai un po' di tempo prima di andare in Italia. Scesi dal metro alla stazione di Minamiaoyama 1-chome e camminai verso il ristorante lungo il cimitero di Aoyama. Non credevo che sarei ritornata di nuovo in questo posto. Mi allontanai dal Giappone subito dopo la laurea e persi i contatti con degli amici. Non potevo seguire i discorsi dei miei amici poiché non vivevo più nello stesso mondo dove si trovano loro. Lì mi sentivo molto isolata e sola. Provai a ritornare alle memorie passate e cercare di riviverle di nuovo con loro, solo così il tempo passato sarebbe potuto tornare momentaneamente nel ristorante. Però fu chiaro che non esistevo più in quella realtà e pensai che sarebbe stato impossibile mantenere il rapporto con loro come prima, neanche in futuro. Qualcuno aveva appoggiato un album di fotografie davanti a me sulla tavola. Era di uno degli amici.
    “Anno di Okinawa ha pubblicato un album delle fotografie di balene. E’ riuscito a prendere le fotografie di megattere nel mare di Okinawa. E’ stato lui il primo a farlo!”
    Presi in mano l’album e sfogliavo le pagine. Fu strano ma quelle foto mi consolavano molto dicendo: ”non sei sparita, tu esisti ancora.” Mi sembrava di aver sentito il rumore del mare nelle pagine.
    Ogni tanto andavo alla riunione dei laureati dell'università che vivevano a Milano, anche se ci volevano quattro ore abbondanti con il treno per arrivare da Sirolo. Con l'occasione ne approfittavo per visitare il negozio di Angelo per suonare il pianoforte. Una volta organizzarono una cena in un ristorante elegante al centro di Milano. Aspettavo nel bar del ristorante gli altri compagni poiché ero arrivata in anticipo.Quando entrai nel bar c'era già una ragazza giapponese che mi sembrava una ex alunna. Mi sedei accanto a lei, presi un campari soda poi cominciai a parlare con lei. Poco dopo quando arrivarono gli altri uscimmo dal bar e ci dirigemmo nel salone. Al mio fianco si sedette Niki, un fotografo, che arrivò un po' in ritardo. Lo vidi per la prima volta a questa cena però sapevo già che aveva fatto un'esposizione di fotografie a Milano. Mentre le altre persone parlavano del lavoro, noi due parlavamo della fotografia. Gli mostrai l’album delle fotografie di balene e gli dissi;
    “Non è possibile sentire il rumore guardando una fotografia, no? Però quando ho preso questo album in mano, mi ha trasmesso qualcosa di veramente speciale!”
    Niki mi rispose semplicemente;
    “Sì, credo che sia possibile perché quando prendo le foto, succedono tante cose strane.”
    Quando mi disse così, una leggera energia scorse dentro di me, poi cominciammo a parlare in una maniera molto naturale degli episodi strani che ci erano accaduti. Tra le cose che mi raccontò Niki, mi colpì specialmente il discorso di un sentimento che anche lui spesso percepiva. Per me era ancora qualcosa di ambiguo e non chiaro ma mi spiegava che era una sensazione di essere spinti alle spalle da dietro. Era come se ci fosse qualcuno che decideva per me quando dovevo scegliere e decidere qualcosa e che non potevo resistere più a questa decisione con i miei ragionamenti e dovevo solo seguirla per forza. Tutte le decisioni prese così avevano a che fare con “lasciare il Giappone ed andare in Italia”. Niki aveva la stessa esperienza come me e mi spiegava che era qualcosa di molto naturale. L’incontro con Niki avrebbe potuto contenere un’importanza simile a quella con Angelo e Adele. Pensai allora di parlare di una figura che mi apparve e che non potevo abbandonare da qualche giorno prima di venire a Milano. Provai a disegnare un cerchio e una croce là dentro e gli dissi;
    "Questa croce ha una forza spaventosa e sta per distruggere il cerchio."
    Lasciammo il ristorante e salutammo gli altri amici. Avendo ancora tante cose di cui parlare decidemmo di camminare per il centro dove non c'era quasi nessuno verso mezzanotte.Quando passammo piazza Hoepli Niki mi disse;
    "Guarda un attimo dietro di te!"
    Mi girai. Lì c'era la figura che avevo disegnato appena sul tavolo del ristorante. Era una scultura di Pomodoro. La croce scoppiava fortissimo e stava per rompere il cerchio. Quando arrivammo in piazza Missori ci fermammo per conversare. Eravamo in una situazione identica a quella di quando incontrai Adele a Fabriano. Niki cominciò a raccontarmi di ciò che sapeva sulle sue vite precedenti sotto il cielo stellato. Quando mi parlò del suo pianto disperato di fronte alla statua della Madonna nella Chiesa di Cristo a Gerusalemme, mi ricordò di una scena del libro "Fiume Profondo" di Shusaku Endo che avevo letto tanti anni fa: uno studente di teologia scoppia a piangere davanti alla croce di Cristo in una cappella situata in un'università. Non avevo alcuna idea del perché mi apparve in mente quella scena però Niki mi trasmetteva qualcosa di simile al personaggio del libro. Quella notte la nostra conversazione sembrava non volesse terminare.  
    Dopo aver salutato Niki, continuavo a sentire una specie di eccitazione che non riuscivo subito ad addormentarmi. Chi era Niki? Sentivo di averlo già conosciuto tantissimo tempo fa ed ero felice di averlo rincontrato. Era come se fosse stata una conversazione tra due anime al di là del tempo reale. Il giorno seguente raccontai ad Angelo di Niki.
    ”Perché non facciamo un’esposizione di fotografie di Niki nel mio negozio?”
    Mi disse Angelo. Non aveva ancora visto le fotografie di Niki però era sicuro che gli sarebbero piaciute.

Angelo del 13 - II

    A parte le lezioni di pianoforte, qualche volta andavo a Milano oppure a Pesaro per i concerti, così passavo la monotonia di ogni giorno. Tutto il paese di Sirolo cominciava ad animarsi con l’arrivo dell’estate e si svolgeva lo scambio culturale e commerciale tra gli abitanti ed i turisti. Ogni volta che si avvicinava l’estate si notava il cambiamento sia nell’aspetto del paese che nella mentalità delle persone. Ormai ero abituata a vivere in questo piccolo paese. La mattina del 13 giugno ricevetti una chiamata da un’azienda che aveva bisogno di un interprete giapponese. Presi la macchina e partii per Castelfidardo. L’azienda si trovava nel sotterraneo del comune. Di fronte all’edificio mi aspettava Adele, la direttrice. Scendemmo al primo piano sotterraneo ed entrammo dalla porta. Era come una bottega. C’erano delle marionette una accanto all’altra in costume folcloristico regionale o di scena però quello che attirava di più la mia attenzione era la marionetta di un angelo in terracotta ma senza il disegno del viso. Mi sembrava molto più bello senza espressione perché faceva capire meglio quello che voleva dire. Adele disse che voleva fare di queste marionette un messaggero di pace e aiutare i bambini più bisognosi. Per 13 anni prendendosi cura di persone anziane in ospizio, Adele non abbandonò mai la sua passione di creare le statuette.
    Tornai a casa e pensavo ad Adele che mi diede l’impressione di aver rincontrato una persona già conosciuta. Volevo rivederla di nuovo. Qualche giorno dopo la chiamai per andare insieme al concerto di pianoforte a Fabriano dove viveva lei. La sua risposta  fu la seguente:
    “Davvero è un peccato. Proprio quel giorno devo andare in Palestina. Non ti preoccupare che ci rivedremmo sicuramente presto.”
    Nella mattinata del giorno del concerto ricevetti un’altra volta la chiamata da Adele.
    “Posso venire al concerto di stasera. Hanno cambiato la data di partenza per la Palestina. Te l’avevo detto che ci saremmo riviste presto.”
    Fabriano si trovava nella parte centro occidentale della regione Marche. Ci voleva più di un’ora da Sirolo per arrivarci con la macchina però viaggiare senza traffico nelle aeree rurali era confortevole. Man mano che mi spostavo verso l’interno scendeva la temperatura e sentivo un gradevole vento notturno. Il concerto si svolse all’aperto sotto il cielo stellato. Mi sembrava che fossero stati i suoni del pianoforte a far brillare le stelle ed illuminare la notte. Decidemmo di passeggiare insieme per il centro per chiaccherare un pò. La pavimentazione di pietra era talmente consumata e nera che ci si rifletteva la luna. Adele cominciò lentamente a parlare.
    “Quando ho cominciato questo lavoro, ho avuto un’esperienza un po' strana. Non ricordo bene se fossi sveglia o addormentata, ma improvvisamente il mio corpo si è alleggerito. Nel sogno stavo cercando di attraversare un cumulo di cadaveri. Dall’altra parte mi aspettavano degli angeli camminando a grossi passi, lenti e leggeri... non ricordo se toccassero terra o no. E’ difficile da spiegare a parole però lo ricordo ancora chiaramente. Mi dissero di attraversare un’altra volta questo muro di cadaveri e ritornare di nuovo al mondo per aiutare i bambini più bisognosi. Io non ci volevo tornare. Sulla strada del ritorno, mi aspettavano tante persone sulla sedia a rotelle ed ammallate. In quel momento mi sono resa conto veramente. Ho pensato che avrei potuto aiutare questa gente facendo le marionette. Dopo aver finito la missione, forse ritornerò al lavoro che facevo prima.”
    Il concerto di pianoforte mi condusse fino a Fabriano per rivedere Adele e parlare con lei. E’ stato sicuramente qualcosa di significativo. Il discorso di Adele mi sembrava fragile e delicato come un oggetto di vetro ed io non avevo nessun motivo per romperlo. Decisi di custodirlo solo nel mio cuore.
    Dopo quella nevicata del 13 dicembre, pareva che le novità capitassero sempre il 13 del mese. Questa data mi sembrava come una specie di chiave. Un giorno ricevetti un invito da Adele per la sua festa di compleanno il 13 di quel mese.  Aveva organizzato una cena in un ristorante tranquillo di Castelfidardo con i suoi amici e colleghi. Adele mi fece sedere al tavolo con i soci di un'associazione volontaria per aiutare i malati terminali. Durante la cena parlammo di lavoro ma la loro espressione era molto serena e tranquilla anche se conoscevano il vero significato della sofferenza. Dopo qualche giorno mi arrivò un invito per un'altra cena presso quest'associazione. Andai con la macchina fino a Senigalia, a circa 40km a nord di Sirolo sulla costa. Quando entrai nel salone c'erano già più di 200 volontari. Condivisi la tavola con il presidente, Adele e due specialisti in oncologia. Il problema che dovevano affrontare non era in che modo i malati dovessero morire, ma aiutare loro a decidere come passare il resto della vita. C'era un sentimento profondo di solidarietà fra tutte le persone. Era qualcosa di solido e forte come l'acciaio. Mi fece pensare al significato di "salvare". Cosa vuol dire veramente salvare qualcuno? Ponendo come premessa la consapevolezza di non poter salvare più il corpo della persona, cercano in ogni caso di continuare ad aiutarle. Qual è il significato reale di salvare a quel punto? Uno dei due dottori cominciò a raccontarmi la sua esperienza alla maratona in New York.
    Alcuni miei amici pensano alla maratona come ad un allenamento nello spirito. Sono d'accordo perché bisogna controllare il corpo con tutta la propria forza vitale. Mentre correvo, a partire dal 30esimo chilometro, non riuscivo più a controllarmi. Avevo come l'impressione che la mia coscienza stesse correndo davanti a me mentre il mio corpo le correva molto indietro.Era una sensazione molto strana."
    "Come si potrebbe chiamare questa forza che spinge il corpo fino all'obiettivo ultimo?", chiesi al dottore.
    "Si protrebbe chiamare 'volontà di vivere'."
    Questa parola mi fece venire in mente un'energia che ognuno di noi riceve alla nascita e pensavo che loro, i volontari, fossero lì pronti a condurre quest'energia. Chissà se ne sarei capace anch'io... Adele mi disse che ciò che avrei dovuto fare sarebbe venuto fuori da solo, senza che io lo cercassi, e che era come nascosto nel mio cuore.
    Il giorno seguente ricevetti una chiamata da Angelo e mi disse:                                 
     "Vorrei disegnare delle cravatte per i bambini e creare una fondazione per i bambini ammalati con i ricavi della vendita di queste cravatte."
    Sicuramente qualcosa era mutato dentro Angelo. Comunque ero molto contenta della sua decisione.

21 novembre 2010

Angelo del 13 - I

   
    Conobbi Angelo a Pasqua di quell’anno. Ma sarebbe meglio dire che lo rincontrai. Lo conoscevo già da tempo però non avevamo mai avuto l’opportunità di parlare tranquillamente a causa dei suoi numerosi viaggi alle cliniche di Napoli, Milano e Roma a cui il suo lavoro di chirurgo plastico lo costringeva. A parte questo lavoro, Angelo aveva un negozio di cravatte in via Montenapoleone. Il 31 di marzo, giorno di Pasqua, Angelo venne a casa mia e mi chiese di visitare il suo negozio a Milano. L’interno del negozio era realizzato in castagno. C’erano i vecchi libri di medicina sopra i mobili fatti a mano. Chissà perché mi sentivo sempre a mio agio quando parlavo con Angelo. Era come essere avvolta da un soffice e caldo cotone. Quando andai per la prima volta a Milano ci scambiammo delle poesie. Gli diedi “La Porta dell’Eternità” e da parte sua ricevetti una composizione che si chiamava “Un frutto: il sorriso”. La lettura della sua poesia era per me come accordare un pianoforte.
Un frutto: il sorriso
esiste:
esiste il bene ed il male
esiste il bello ed il brutto
esiste il buono ed il cattivo

pensa:
pensa al bene e somatizzi un sorriso!
pensa al bello e somatizzi un sorriso!
pensa al buono e somatizzi un sorriso!

pensa:
pensa al male ....t'inaridisce e rattrista.
pensa al brutto....t'inaridisce e rattrista.
pensa al cattivo ....t'inaridisce e rattrista.

vivi:
cvivi la vita gaia e gioiosa
vivi e ....sorridi
pensa e ....sorridi
muori e ....sorridi


    “La parte diafana del tuo cuore condurrà la tua vita verso la direzione adeguata.”
    Credevo di aver capito bene queste sue parole però d’altra parte volevo inseguire quella misteriosa immagine apparsa nella mente ascoltando il Sonetto di Petrarca di Liszt. Non riuscivo a lasciarla perdere. Vivevo  anch’io un’illusione ardente come quella donna nel deserto. Invece Angelo mi avrebbe voluto dirmi di dimenticarne tutto. 
    Angelo viveva in una villa che sorgeva in mezzo al bosco di castagni su un vulcano spento. Nel suo terreno c’era una sorgente di acqua minerale. Nel muro della casa erano incastrate facce dall’espressione meditabonda dalle cui bocche zampillava l’acqua della sorgente. La villa era come quella della favola di Biancaneve. Si potevano anche vedere piccoli fiorellini rossi che punteggiavano il  tappetto di erbe che copriva il tetto. Le piante e i fiori curati con attenzione, ogni foglia dei castagni ed ogni pietra del muro mostravano l’amore di Angelo per la natura. Tutto ciò che esisteva condivideva il suo sorriso.                                 
    “Vorrei amare tutto ciò che contiene la vita,” mi disse Angelo.                                
    Nel cuore di una persona che ama la natura dovrebbe nascere spontaneamente l’arte e dovrebbe rimanerci per sempre. Mentre riposavo in una villa sotto un albero di castagno mi disse Angelo:                                                                                     
    “Un pò di tempo fa, camminando per Milano, ho trovato un pianoforte bellissimo da un antiquariato e l’ho comprato. Ho deciso di metterlo nel mio negozio.”
    “Desideravo anch’io da tanto tempo comprare un pianoforte. Quando andrò a Milano, mi lascerai suonarlo?”                                                                      
    Allora mi sembrava che il mio desiderio fosse stato realizzato.   

20 novembre 2010

La Porta dell’Eternità - III



In qualsiasi parte esiste una porta dell’eternità.
Anche se la vedi ogni giorno, non tutti se ne accorgono.
Però una volta si rende conto della sua presenza.                                           
Qualcosa di importante appare.

Al di là di questa porta,
Si riflette il tempo che hai vissuto fin’ora,
Si riflette la tua esistenza scesa dal cielo,                
Facendo orecchi da mercante ai nostri gridi,               
Freddo e in silenzio, trascorre il tempo eterno.

Guarda al di là della porta dell’eternità.                 
Saprai che questo istante non è pura casualità.

Guarda al di là della porta dell’eternità.                  
Tutto ha cominciato dall’amor.

Guarda al di là della porta dell’eternità.              
Comprenderai che la stessa sta nel tuo cuore.


    Che è successo realmente nel cortile poco tempo fa? Sentivo dentro di me un flusso controcorrente causato da un fulmine. Chissà se veramente si è fermato il tempo in quel momento nel patio? Stavo osservando anche il futuro nello stesso modo in cui stavo vedendo l’epoca di Leopardi? Quando vidi un treno nel cielo stellato, con l'aiuto del maestro provai a prenderlo. No, forse stavo già nel treno! Incontrare il maestro era qualcosa di inevitabile? Chissà se è già prefissato eternamente anche il destino di un incontro come quelle stelle che stanno mantenendo la distanza fissa nel firmamento?

    Da quel giorno di neve, la lezione di pianoforte del giovedì diventò qualcosa di molto speciale per me. Il mondo della musica cominciò a cambiarmi piano piano.  Stavo per rinascere di nuovo annaffiata dalla musica. Chissà, può darsi che sono appena nata. Tutta la mia vita fin’ora poteva essere la preparazione per condurmi fino al punto d’incontro del tempo e spazio calcolato in anticipo dal destino. Indipendentemente dalla mia volontà, varie volte sentivo spingermi per le spalle. Forse anche questa spinta mi stava conducendo sempre a quel punto. Una vita cercava di nascere dentro di me. La chiamai “Soledad”. La sua esistenza cominciò a librarsi silenziosamente intorno a me ed aspettava il giorno in cui sarebbe stata avvolta dall’aria soffice e calda.
    Una notte andai a vedere il mare mentre nevicava. Al di là del cielo oscuro ci sarebbe potuto essere un angelo a manovrare la scenografia. Osservando i fiocchi di neve cadere chissà da dove, pensai alla rassomiglianza con la nostra vita. La neve che continua a cadere in silenzio siamo noi: una volta iniziata la descesa bisogna accettarla, come la nostra vita, finché l’esistenza non si concluda totalmente. Quando tocchiamo il mare nero come inchiostro riceviamo con gioia il momento di rinascere o morire, non saprei definire quale dei due. La vita passiva e senza resistenza della neve mi ricorda la fragilità umana. Se dovessi vivere anch’io silenziosamente come quella neve come farei per non far scomparire Soledad fugacemente?
    La mattina di Natale, qualche giorno dopo quella nevicata, ascoltavo il Sonetto di Petrarca 104 di Liszt registrato dal mio maestro. D’improvviso mi apparve un’immagine alla mente che subito sparì. Durò solo un attimo e mi colpì essendo talmente impressionante e nitida da non potersi dimenticare. Nell’oscurità del deserto si vedeva vagamente la luna piena; al di sotto della quale c’era il corpo storto di una donna nuda in piedi. Aveva le due braccia alzate verso il cielo, la testa abbassata, senza espressione. Il suo corpo era pieno di dolore. Le polveri brillanti come diamanti cadevano dall’altra parte della luna e scintillavano da tutte le parti. Il corpo nudo era immobile come una statua di ghiaccio però il dolore che provava nel suo cuore bruciava come una fiamma. Non potevo cancellare neanche un minimo dettaglio dell’immagine che mi perseguitava indelebile nella mia mente. Questa donna non poteva essere me? Cominciai a perdere l’equilibrio in quel mondo materiale e spirituale allo stesso tempo nel quale mi trovavo e dove andavo cercando qualcosa nell’oscurità. Credevo che tutto si sarebbe illuminato piano piano con l’aiuto della musica. Volevo sapere quanto prima che cosa si sarebbe potuto arrivare a vedere in quel luogo. Supponevo che proprio quel luogo fosse il  più importante della mia vita.  
     Avrei voluto trasformarmi nella musica che fluiva dalle dita del maestro. Avrei voluto essere i suoni che nascevano e sparivano senza interruzione dalla tastiera. Ogni volata che le punte delle dita toccavano sentivo il calore sulla mia pelle. Le lezioni erano condotte rigorosamente e qualsiasi distrazione poteva distruggere l’atmosfera. Mi immersi completamente nel mondo della musica così da sentirmi più vicino a Soledad. La mia piccola esistenza avvolta nella musica cominciò ad emmettere una luce tenue nelle vibrazioni. Il suo respiro fioco mi faceva ricordare un uccellino tremante, passivo davanti alla sua vita. Pensai che non avrei potuto vivere ignorando la presenza di questa piccola vita con una nuova speranza. Non dovevo assolutamente lasciarla morire. Il tempo in realtà trascorreva naturalmente però il fatto di vivere in questa realtà mi faceva sentire piano piano estranea. Volevo sapere cosa fosse realmente questa sensazione però non avevo l’intenzione di seguire un semplice suggerimento né dipendere da una ragione plausibile. Non dovevo fare nient’ altro che osservarla, senza intervenire, scindersi e crescere con la musica nel mio nucleo interiore.
    Andavo spesso al belvedere della scogliera di Monte Conero dalla quale si poteva vedere in lontananza la spiaggia di San Michele, la più bella di Sirolo. Poché si trovava sul sentiero di montagna dietro il cimitero, di solito lo frequentavano poche persone. Da lì guardavo il colore della superficie che generava lentamente il dialogo tra l’acqua e la luce che penetrava nel mare.   
    Una volta durante le lezioni parlammo della luce.
    “Quando suoni il pianoforte, prova a immaginare che il tuo corpo sia un cristallo. Quando un raggio di luce lo attraverserà, sicuramente il timbro cambierà.”
    “Interessante, lo proverò!”
    “Ho provato anch’io ad immaginare qualcosa del genere! E’ strano dire così, però allora mi sentivo di essere più forte.”
    La melodia dell’Intermezzo Op.117 di Brahms riesce a trasmettere una bellezza eterna che è difficile da incontrare sulla terra. Il mio maestro stava cercando la stessa cosa ed io vagando nell’oscurità appoggiandomi completamente al suono della sua musica. Il desiderio di arrivare a qualcosa di irraggiungibile provocava nella mia parte vuota una specie di turbine e generava sofferenza. Soledad aspettava di nascosto che il sole morisse e la natura si addormentasse. Si svegliava solo quando arrivava la notte. Respirava in segreto da qualche parte lontano dalla realtà per non rompere mai l’atmosfera presente. Nella notte nera e ferma, quando cominciava a sentire “il notturno” tra i respiri degli uccelli, Soledad si muoveva nel tempo e nello spazio liberandosi dal sonno lungo e profondo. Stavo vivendo insieme a lei nella perplessità e qualche volta pensavo che sarebbe stato meglio se avessi potuto svelare tutto tramite il vento.

    A metà marzo i raggi del sole iniziavano a scaldare la terra. In quel periodo la luce era già intensa ed abbagliante così mi sentivo alleggerita e disorientata allo stesso tempo, perché mi pareva che tutto diventasse chiaro con quella luce. Un giorno con il mio maestro e mio cugino andai a Pesaro per ascoltare il recitale di Zimerman, un pianista polacco. In programma c’erano brani di Brahms e Chopin. Quando terminò l’interpretazione della sonata di Brahms, cominciai a raccontare a mio cugino le mie impressioni a proposito.
    “La musica di Brahms mi fa ricordare le gocce che cadono dal bordo di un disco grande di marmo coperto da tant’acqua...”
    Le parole mi uscivano dalla bocca inconsapevolmente. Ricordavo unicamente il mio entusiasmo nel parlare.     
    Due mesi dopo il concerto andai a Pesaro di nuovo per far visita a mio cugino. Facemmo una passeggiata lungomare e mi fece vedere una scultura. Attraversando le stradine pavimentate di pietra uscimmo su una piazza circondata da case in stile inglese. Lì apparve una fontana grande che aveva la stessa forma di quella che mi venne in mente dopo aver ascoltato Brahms. Una grande quantità d’acqua bagnava il disco di marmo e dal bordo cadevano lentamente le gocce.
    Per me Soledad era un intermediario fra il mondo dell’inconscio ed io. Però quando dimostrava le sue intenzioni forte e precise, mi sembrava che fosse un’altra persona completamente indipendente da me. Affidandosi alla musica si lasciava portare lontano chissà dove. In realtà sentivo di essere me stessa solo quando ascoltavo la musica. Era come una sensazione di regressione; stavo cercando la mia identità ricordando minuziosamente la musica nella mia memoria. Scoprire il suono del passato dentro di me era come se fosse sentire il primo vagito.

La Porta dell’Eternità - II


    Terminarono le vacanze estive e ricevetti una chiamata dal mio maestro quando si sentivano già i primi segni dell’autunno. Era già passato un anno da quando avevo iniziato le lezioni a Sirolo. 
    “D’ora in poi le lezioni si terranno al Conservatorio Beniamino Gigli di Recanati.”
    Decisi di accettare quest’invito del maestro e continuare le lezioni a Recanati sperando che la musica potesse rimettermi.
    Alle tre di pomeriggio, continuava ancora a nevicare. Chiamai per telefono il mio maestro per chiedere se la lezione fosse confermata.
    “Ti sto aspettando”, disse lui.
    Guidai la macchina in mezzo alla neve lentamente fino a Recanati. Lungo il mare verso sud, sulla destra si estende una bellissima zona collinare. Le piccole città storiche edificate in cima alle colline sono caratteristiche di questa zona. Recanati è collocata su una piccola collina ed è conosciuta per il grande poeta Leopardi. Una volta andai al concerto del mio maestro nella biblioteca di Leopardi. Quando lo sentii suonare per la prima volta, non so per qual ragione, mi venne in mente il termine della reazione chimica ‘’sublimazione’’. Le note si filtrarono dentro di me e diedero origine a questa parola. Tutto accadde in un attimo. Sentii qualcosa di chiaro in questa parola; doveva proprio essere sublimazione. Non potetti trovare altro termine adatto per esprimere altrettanto bene la sua musica, così come la sua presenza. La sua musica sembrava far liberare nell'aria i sospiri profondi del poeta racchiusi in una gran quantità di libri.
    Passando la porta principale del Conservatorio c’era un patio circondato da gallerie. Attraversandolo si trovava un corto corridoio che aveva un’entrata ad arco sulla quale c’era scritto qualcosa. Non sapevo né da quando né perché fosse stata scritta però era già mezza cancellata e quasi illeggibile. Passando sotto l’arco, andando avanti nel corridoio dal fondo si potevano osservare il mare, il cielo e le colline di Loreto. Il paesaggio sembrava un quadro medioevale. Chiamavo quest’entrata  “La Porta dell’Eternità”. Al Conservatorio arrivavo sempre appena prima che la lezione iniziasse, salivo le scale di corsa guardando la porta da lontano.
    Quando arrivai nell’aula, stava per terminare la lezione di un appassionato alunno che veniva da Taranto tutte le settimane facendo un viaggio di cinque ore. Dietro le finestre la neve danzava come una pazza accompagnata dalla rapsodia di Liszt che il futuro concertista interpretava. Stavo seguendo distrattamente il suono della musica, poiché avevo timore che avrebbe continuato a nevicare anche di notte. Durante la lezione ognuno si concentrava con la massima attenzione; una volta terminata la lezione, si sciolse la tensione. All’intervallo uscii dall’aula con il maestro. Scendemmo insieme le scale ed entrammo ad un bar giusto accanto al Conservatorio. Nevicava ormai pochissimo ed il mantello della notte cominciava ad avvolgerci. L’aria era fresca e rigida. Fuori dalla finestra la penombra del crepuscolo stava per coprire tutto; non si poteva più vedere se la neve continuasse ancora a cadere, poiché non c’era neanche la luce di un lampione. Mentre prendevamo un tè, parlavamo tranquillamente di musica. Anche la conversazione con il maestro era una lezione molto importante per me.
    ”Ma che cosa sarà stata la mia vita fino adesso? Mi piaceva fare tante cose, però adesso mi sembra di aver perso tutto.”
    “Non è così. Le cose sono rimaste conservate in un cassetto. L’unica cosa che dovresti fare è aprirlo di nuovo.”
    ”Sono conservate in un cassetto? Davvero sono ancora lì? E’ possibile aprirlo di nuovo?”
    ”Non ti devi dimenticare mai di ciò che è veramente importante per te. Vieni con me, ti voglio far vedere una cosa.”
Ci dirigemmo verso l’entrata del Conservatorio.
    “Leggi le parole che vedi là sopra”, disse il maestro indicandomi l’arco della Porta dell’Eternità.
    “Vola irreperibile tempo...vuol dire che il tempo passato non si trova più?”
    Queste parole mi provocarono una sensazione di oppressione nel mio cuore. Attraversammo il patio coperto di neve e passando l’uno accanto all’altro la galleria, ci fermammo sotto la Porta dell’Eternità. Non nevicava più e si vedevano già le stelle brillare nel firmamento chiaro. Tutto era avvolto dalla neve: il paesaggio esteso al di là della porta era come un quadro dipinto da una mano sacra. Al lontano sollevando il piccolo paesino di Sirolo in un abbraccio, Monte Conero emergeva dall’oscurità dell’acqua del mare.
    “E’ arrivato un regalo dal cielo questa notte..”, dissi a bassa voce.
    Quando mi trovai in piedi sotto la Porta dell’Eternità sentii che tutti i miei desideri si erano realizzati. Chissà se ci fosse anche Leopardi insieme a noi in quel momento! Avevo la sensazione che anche la sua epoca fosse apparsa improvvisamente in quel posto.
    Ritornai a casa, mi misi seduta di fronte al computer. Provai a seguire il filo di quello che era successo poco fa. Non sapevo quanto tempo fosse passato meditando sul paesaggio visto dalla Porta dell’Eternità. All’improvviso mi resi conto che erano apparse delle lettere sullo schermo del monitor. Quando le ho scritte? Sicuramente stavo mezza addormentata. Ero immersa profondamente nel pensiero. Cominciai a leggerle lentamente.