20 novembre 2010

La Porta dell’Eternità - II


    Terminarono le vacanze estive e ricevetti una chiamata dal mio maestro quando si sentivano già i primi segni dell’autunno. Era già passato un anno da quando avevo iniziato le lezioni a Sirolo. 
    “D’ora in poi le lezioni si terranno al Conservatorio Beniamino Gigli di Recanati.”
    Decisi di accettare quest’invito del maestro e continuare le lezioni a Recanati sperando che la musica potesse rimettermi.
    Alle tre di pomeriggio, continuava ancora a nevicare. Chiamai per telefono il mio maestro per chiedere se la lezione fosse confermata.
    “Ti sto aspettando”, disse lui.
    Guidai la macchina in mezzo alla neve lentamente fino a Recanati. Lungo il mare verso sud, sulla destra si estende una bellissima zona collinare. Le piccole città storiche edificate in cima alle colline sono caratteristiche di questa zona. Recanati è collocata su una piccola collina ed è conosciuta per il grande poeta Leopardi. Una volta andai al concerto del mio maestro nella biblioteca di Leopardi. Quando lo sentii suonare per la prima volta, non so per qual ragione, mi venne in mente il termine della reazione chimica ‘’sublimazione’’. Le note si filtrarono dentro di me e diedero origine a questa parola. Tutto accadde in un attimo. Sentii qualcosa di chiaro in questa parola; doveva proprio essere sublimazione. Non potetti trovare altro termine adatto per esprimere altrettanto bene la sua musica, così come la sua presenza. La sua musica sembrava far liberare nell'aria i sospiri profondi del poeta racchiusi in una gran quantità di libri.
    Passando la porta principale del Conservatorio c’era un patio circondato da gallerie. Attraversandolo si trovava un corto corridoio che aveva un’entrata ad arco sulla quale c’era scritto qualcosa. Non sapevo né da quando né perché fosse stata scritta però era già mezza cancellata e quasi illeggibile. Passando sotto l’arco, andando avanti nel corridoio dal fondo si potevano osservare il mare, il cielo e le colline di Loreto. Il paesaggio sembrava un quadro medioevale. Chiamavo quest’entrata  “La Porta dell’Eternità”. Al Conservatorio arrivavo sempre appena prima che la lezione iniziasse, salivo le scale di corsa guardando la porta da lontano.
    Quando arrivai nell’aula, stava per terminare la lezione di un appassionato alunno che veniva da Taranto tutte le settimane facendo un viaggio di cinque ore. Dietro le finestre la neve danzava come una pazza accompagnata dalla rapsodia di Liszt che il futuro concertista interpretava. Stavo seguendo distrattamente il suono della musica, poiché avevo timore che avrebbe continuato a nevicare anche di notte. Durante la lezione ognuno si concentrava con la massima attenzione; una volta terminata la lezione, si sciolse la tensione. All’intervallo uscii dall’aula con il maestro. Scendemmo insieme le scale ed entrammo ad un bar giusto accanto al Conservatorio. Nevicava ormai pochissimo ed il mantello della notte cominciava ad avvolgerci. L’aria era fresca e rigida. Fuori dalla finestra la penombra del crepuscolo stava per coprire tutto; non si poteva più vedere se la neve continuasse ancora a cadere, poiché non c’era neanche la luce di un lampione. Mentre prendevamo un tè, parlavamo tranquillamente di musica. Anche la conversazione con il maestro era una lezione molto importante per me.
    ”Ma che cosa sarà stata la mia vita fino adesso? Mi piaceva fare tante cose, però adesso mi sembra di aver perso tutto.”
    “Non è così. Le cose sono rimaste conservate in un cassetto. L’unica cosa che dovresti fare è aprirlo di nuovo.”
    ”Sono conservate in un cassetto? Davvero sono ancora lì? E’ possibile aprirlo di nuovo?”
    ”Non ti devi dimenticare mai di ciò che è veramente importante per te. Vieni con me, ti voglio far vedere una cosa.”
Ci dirigemmo verso l’entrata del Conservatorio.
    “Leggi le parole che vedi là sopra”, disse il maestro indicandomi l’arco della Porta dell’Eternità.
    “Vola irreperibile tempo...vuol dire che il tempo passato non si trova più?”
    Queste parole mi provocarono una sensazione di oppressione nel mio cuore. Attraversammo il patio coperto di neve e passando l’uno accanto all’altro la galleria, ci fermammo sotto la Porta dell’Eternità. Non nevicava più e si vedevano già le stelle brillare nel firmamento chiaro. Tutto era avvolto dalla neve: il paesaggio esteso al di là della porta era come un quadro dipinto da una mano sacra. Al lontano sollevando il piccolo paesino di Sirolo in un abbraccio, Monte Conero emergeva dall’oscurità dell’acqua del mare.
    “E’ arrivato un regalo dal cielo questa notte..”, dissi a bassa voce.
    Quando mi trovai in piedi sotto la Porta dell’Eternità sentii che tutti i miei desideri si erano realizzati. Chissà se ci fosse anche Leopardi insieme a noi in quel momento! Avevo la sensazione che anche la sua epoca fosse apparsa improvvisamente in quel posto.
    Ritornai a casa, mi misi seduta di fronte al computer. Provai a seguire il filo di quello che era successo poco fa. Non sapevo quanto tempo fosse passato meditando sul paesaggio visto dalla Porta dell’Eternità. All’improvviso mi resi conto che erano apparse delle lettere sullo schermo del monitor. Quando le ho scritte? Sicuramente stavo mezza addormentata. Ero immersa profondamente nel pensiero. Cominciai a leggerle lentamente.