14 dicembre 2010

Iguasù e la Croce - IV

   
    Un giorno andai a El Ateneo, un'antica libreria in un palazzo signorile che dava sulla via Santa Fe. Prima era un teatro e quindi ha una struttura simile a quella di un teatro dell’opera.  Al piano terra erano allineati dei libri che sembravano come spettatori seduti ai loro posti. Sui palchi del primo piano c’erano libri tematici e CD. Sul palcoscenico in fondo alla sala c’era un bar e in un angolo un pianoforte a coda. Quella sera suonava dei pezzi classici di jazz. Mentre cercavo qualche CD di jazz incontrai per caso quel chitarrista che avevo conosciuto al concerto di Recoleta. Decidemmo di prendere un caffé insieme.
    “E’ bello questo posto. Mi dà una strana sensazione come di essere la protagonista di qualche spettacolo di cui gli spettatori sono quei libri. È come se controllassero che stiamo interpretando bene quello che hanno pensato e scritto.”  
     “O forse stanno aspettando che succeda qualcosa di imprevisto!”
    Mi disse lui guardando gli scaffali in sala e continuò teatralmente:                                         
    “E la nostra coscienza volerebbe in tutte le direzioni per sfuggire dai preconcetti  se non la musica.”
    Stranamente mi ricordai in quel momento di una persona che incontrai in Italia. Era il  proprietario di una piccola libreria ad Osimo. Mentre stavo parlando con lui che era grande appassionato di jazz, entrò un sacerdote. Gli chiese un'offerta per benedire il negozio. Il proprietario rifiutò educatamente e mi disse che non aveva bisogno di nient'altro che della musica.
    “Parto per Vienna la settimana prossima e ci rimarrò per un po’ di tempo. Tra l’altro, la pietra della croce che porti al collo mi pare il cuore di Gesù.”
    Terminata l'esecuzione di pianoforte, cominciò a sentirsi la musica di bandoneon. Il suono di quel strumento, triste come se fosse un pianto o una voce tremolante, pian piano riempiva la sala. Esprimeva un forte attaccamento alla vita. Sentii sollievo attraverso quel suono e solo in quel momento riuscii a salutare mio padre che se ne andò.
    Alla fine capì quello che voleva dirmi mio padre. “Insegui la tua felicità, non confonderla con quella degli altri. Concentrati e lasciati portare verso la direzione giusta .” L'altro mio orologio aveva già iniziato a muoversi. Avevo preferito partire invece di rimanere ferma durante quella solitudine.
    Durante gli anni universitari passai un momento difficile. Sentivo il mio cuore freddo e non avevo nessuna voglia di riscaldarlo. Mio padre, vedendomi così abbattuta, mi suggerì di andare a studiare all’estero. Non avevo una visione chiara e precisa di ciò che volevo fare nella mia vita, ma piano piano iniziai a riemergere dalla situazione. L’idea di andare in Francia a studiare mi diede più forza. Scelsi l’università di Digione, città principale della regione Bourgogne; dopo sei mesi decisi di lasciarla e trasferirmi a Nizza. In Bourgogne non avevo trovato l’azzuro profondo del mar Mediterraneo né il sole come, invece, avevo trovato a Nizza, la quale mi affascinò sin da quando la visitai la prima volta. Sentivo la necessità di quel tipo di natura.
    Tramite la segretaria dell’università trovai un alloggio in via Berlioz. La proprietaria era una signora e viveva da sola. Era una persona colta, dinamica e ricca d’esperienze della vita. Ogni tanto andava in montagna con degli amici. Mi chiedeva spesso se volessi uscire con lei a fare le gite in montagna o passeggiate per lungomare. Una notte di estate mentre passeggiavamo insiseme sulla spiaggia, le dissi;   
     “Non so cosa fare in futuro..non so che dovrei fare.”
    E lei mi rispose;                                          
    “Devi ascoltare la voce del tuo cuore. E’ tutto lì. Per esempio, se tu volessi nuotare adesso...”                                                                                                  
    Poi si diresse verso l’acqua, si tolse i sandali e si tuffò direttamente senza spogliarsi. Invece io non avevo coraggio di farlo e mi domandai se un giorno sarei stata capace di pensare come lei. Non volevo accettare le prospettive per il futuro che mi proponevano gli altri però non avevo neanche abbastanza fiducia in me stessa per prendere le decisioni da sola. La signora invece, sempre decisa, sapeva dire chiaramente le parole giuste al momento giusto e senza pensarci due volte rispondeva di no quando le cose non erano di suo gradimento. Osservando i suoi comportamenti quotidiani imparai quanto è importante e bello vivere come lei, rimanendo sempre fedele a se stessa. Questa sua capacità sarà sicuramente dovuta alle sue esperienze di vita, però pensai che non tutte le persone, anche se avessero vissuto nello stesso modo, sarebbero riuscite a ottenere gli stessi risultati.
    Andavamo spesso a Saint Paul de Vence e Antibes per vedere esposizioni di quadri e uscivamo anche per ascoltare musica. Mentre lei passava le sue vacanze nella sua casa in Normandia rimanevo da sola, però uscivo ugualmente per fare passeggiate. Mi piaceva salire sulla collina di Cimiez e visitare il museo di Matisse. Dalle sue finestre si vedeva il mare. Tornando verso la città mi fermavo un attimo davanti al museo del messaggio biblico di Chagall. In quel tempo ascoltavo spesso la musica di Debussy che mi riportava alla mente il paesaggio della Costa Azzura. I suoi suoni sembravano gli ultimi tocchi delicati di un pittore alla sua tela. La luce e l’ombra, l’acqua ed il vento, fiori ed il frondoso verde; tutte le cose si fondevano sulla sua tela con armonia.