18 dicembre 2010

Territorio Sacro - II

    La Big Band dava un concerto ogni fine settimana al Palazzo Moreno ed era previsto questo programma ancora per qualche tempo. Il produttore mi avrebbe lasciato entrare se avessi voluto sentire nuovamente. Approfittai delle sue parole e decisi di andare un’altra volta. Durante il tempo d’attesa, come l'altra volta, seguivo la musica del duo con una coppa di vino in mano. Si avvicinò l’ora dello spettacolo e gli spettatori che aspettavano nel salone cominciarono a dirigersi verso la scala a chiocciola situata in fondo. La sua spirale era ampia e arrivava fino al secondo piano. Attraversai la sala e cominciai a salire la scala. Appena girato per metà, potei vedere la parete sul lato destro. Dal bar non era possibile a causa di una grossa colonna. Comunque non si vedeva molto bene nell’oscurità. Feci un altro giro e vidi con attenzione la parete. Non potevo credere ai miei occhi e mi domandavo se non fosse qualche equivoco. Era il disegno che cercai sempre da tre anni. Il giorno di Tanabata, mentre ascoltavo il sonetto di Petrarca n.104, mi apparve un’immagine nella mente come se fosse un flash. Non era un’impressione sbagliata. Ero convinta che la pittura presente davanti ai miei occhi era tale quale a quell’immagine; una donna in una tunica bianca stendeva la mano ad un angelo che scendeva dal cielo per salvarla. Scesi dalla scala quella volta e mi avvicinai al dipinto. In una grande parete di colore rosa pallido il quadro era dipinto solo con diverse tonalità di grigi chiaroscurale; sembrava un lavoro recente però non c'era nessun informazione sull’opera.
    Incontrai finalmente quell’immagine. Commossa e rimasi lì in piedi senza parole. Mentre salivo alla hall del concerto sentivo ancora una sensazione strana come se stessi sognando; l’esecuzione della Big Band, dopo tutto quell’avvenimento, mi sembrava un attimo. Quella notte il mio amico e sua moglie con tutta la famiglia vennero ad ascoltare il concerto. La famiglia occupava un tavolo rotondo, al mio lato c’erano i produttori; solo quella notte aveva partecipato il sassofonista che aveva suonato alla festa di compleanno allo yacht club. Non sembrava minimamente che ci fosse una relazione tra di loro alla festa però si riunirono di nuovo al Palazzo Moreno per qualche motivo, oppure per combinazione, per ricostruire la stessa circostanza.
    Dopo il concerto andai a chiedere al proprietario del Palazzo informazioni sull’autore dell’opera. Mi raccontò’:
    “Quando hanno deciso il programma degli spettacoli della Big Band, hanno cominciato urgentemente a ristrutturare l'interno del palazzo. Si tratta di poco fa. Molti personali e disegnatori frequentavano l’edificio. La parete dietro la scala a chiocciola, siccome non era utilizzabile per esposizioni, hanno deciso di pitturarla. E’ venuta una pittrice ad eseguire quel lavoro."
    A dire la verità avevo già visto una pittura simile a quell’immagine nella chiesa di San Nicola di Bari a Sirolo; era l'immagine di Santa Lucia che inseguiva la luce. Però non volevo ammettere che fosse quello il quadro che stavo cercando. Mi misi seduta davanti a quella pittura e cominciai a riflettere su Soledad. Era il 13 di dicembre 2001 quando vivevo ancora a Sirolo, Soledad apparve dentro di me. Da quel giorno la mia vita cominciò a cambiare. Numerosi incontri casuali, avvenimenti strani e sogni premonitori; tutto ciò mi sembrava di essere stato  progettato ingegnosamente da qualcuno per farmi capire qualcosa d’importante. Mi ero convinta che seguendo la musica come il filo conduttore sarei riuscita ad ottenere la risposta. Chissà se era stata Soledad a farmelo credere per poi tramare e scrivere una sceneggiatura sotto il chiaro di luna allo yacht club. Mi ricordai della strana sensazione che avevo provato durante la festa. Alla fine, eccomi al Palazzo Moreno come aveva previsto Soledad.
    Pensavo a come potesse succedere una cosa del genere. Soledad si trovava in un posto totalmente chiuso e isolato dal mondo esterno; circondato da grosse pareti. La sua mente era bloccata e cercava una via di fuga. Quando incontrò la coppia di appassionati di jazz la mente si sciolse e da lì cominciò a fluttuare e ad   espandersi più liberamente. Prima era solamente una vaga proiezione come un’ombra leggera sulla parete, poi cominciò a formare figure e profili finché non apparì realmente in forma concreta. Ero sicura che per Soledad un miraggio non bastasse; aveva bisogno di manifestare un certo meccanismo con un sistema più sicuro. Cominciai a pensare che ci fosse un proposito speciale dato che la coscienza di Soledad era concentrata in qualcosa di più preciso.